Una sorta di rubrica che sto curando per il blog Nazione indiana ha l’obiettivo di suggerire delle auto-antologie poetiche. Il poeta viene invitato a ripercorrere il tragitto compiuto e a riflettere su questo percorso dedicando a ciò una pagina di annotazioni. E’ l’autore stesso che scrive la sua storia e l’intervento dall’esterno è ridotto al minimo. Questa richiesta di riflessione necessaria all’auto-presentazione mi pare che vada in direzione opposta al flusso della rete che per sua natura tenderebbe a non coagulare, fermare, riflettere ma, al contrario, a costituire un continuum di informazioni senza soluzioni di continuità.
Queste auto-antologie vorrebbero opporsi a questa dispersione o disseminazione più o meno euforica che la rete sembra esprimere. Spero che in questo modo si possa dare un’idea della produzione di poeti giunti ad una prima piena maturità letteraria. Questa iniziativa vuole contribuire, in questo caso solo sulla rete, ad offrire un rallentamento riflessivo, in parte correttivo, alla tendenza entropica della diffusione attuale della poesia.
Fin qui sono stati invitati Francesco Tomada, Vincenzo Frungillo, Francesco Filìa, Viola Amarelli, Eugenio Lucrezi, Renata Morresi , Gianni Montieri e, a breve, apparirà l’auto antologia di Italo Testa. Questo è anche un modo, sia pure in minima parte, di restituire alla poesia quella funzione riflessiva, intellettuale e critica che per lo più in questi anni, forse per troppa ricchezza di offerta creativa, sembrerebbe quasi perduta.
Gianni Montieri è quasi al terzo libro di poesie: sono stati pubblicati già nel 2010 da Lietocolle il primo volume dal titolo Futuro semplice e nel 2014, presso Zona, il secondo dal titolo Avremo cura. Il terzo libro è in costruzione. Il lavoro realizzato fin qui offre un’idea abbastanza nitida della direzione molto precisa che ha preso la sua creatività. Una caratteristica della sua scrittura subito evidente alla prima lettura è la leggerezza del tocco. Tanto è decisa la sua direzione realistica quanto leggera e aperta alle possibili fertili contraddizioni è la sua scrittura. Leggo da Futuro semplice , il testo intitolato Abitudini:
Non saranno più le scarpe fuori posto
un nome al suono della sveglia
fra qualche tempo sapremo dirci: è giusto
che abbiamo avuto tanto
io, io non lo so davvero
se saprò dare un senso
alle porzioni monodose, alla cottura crisp
addormentarmi voltato dal tuo lato
senza tremare, senza farci caso.
Leggo poi da Avremo cura:
Invecchiare così, da adesso in poi
contarsi le rughe sulla fronte
i passi, le varianti di ogni sorriso
lo scricchiolare umido delle ossa
dicono che un posto valga l’altro
e invece no, è questo solo questo
il tempo nostro, riflesso addosso
nello specchio d’acqua
che rimanda l’intreccio di due mani
soltanto due: la mia, la tua.
Qui viene esemplificata una modalità che potrei definire del dire sotto voce, del tono abbassato. Tale modalità è in grado di mettere a fuoco meglio delle verità relazionali come, in un certo senso, riguardanti il destino, il percorso individuale nel tempo, il suo svolgimento, il suo senso. la scrittura si presta a questa ricognizione che nell’insieme dell’opera può anche essere non solo lucida ma anche spietata. Eppure questa stessa ricognizione si realizza anche attraverso lo sguardo della tenerezza che può diventare, in alcuni momenti, sognante. La ricognizione severa resta comunque il tono dominante pur evitando la sentenziosità e l’astrattezza morale. La necessità di non illudere e di non illudersi diventa impellente quando l’infanzia e l’adolescenza vissute al sud tornano a galla come un rimosso storico e sociale. Questo è il luogo dell’analisi critica svolta accettando la contraddizione non solo come condizione soggettiva ma anche come realtà condivisa. Tutto accade come se avesse un senso, anche la violenza , il crimine individuale e collettivo, tutto è compresente nella terra dei fuochi. Un altro tema fondamentale della scrittura di Montieri è la città: Napoli, Milano, Venezia. La città appare come il tessuto che articola l’esperienza, che fa da cassa di risonanza storica e collettiva del senso individuale quando sta per essere pronunciato. La città è appartenenza, radice, orizzonte. Le città sono tonalità emotive e coordinate storiche entro le quali la poesia disegna le sue figure. Ripensare il sud vuol dire ripensare in modo doloroso, anche se apparentemente fenomenologico, la violenza costitutiva, la povertà, il degrado ma in un modo non retorico. E’ proprio questo atteggiamento, a tratti crudo, a rendere la poesia uno strumento atto a dire di queste cose, una volta che sin dall’inizio ci si è liberati dal “poetico” metaforico e simbolista.
Leggo ancora da Avremo cura:
XXVIII
Se posso telefonare a mia madre,
a mio padre, e chiedere da routine
come state? Che fate? Credimi
è per culo, se mia sorella sta bene
se riesce a uscire e a entrare da casa,
prendere suo figlio a scuola, convinciti,
è per culo. La terra dove lo tengono
il culo, quello vero, non è terra
è modificata da altro materiale,
scarto territoriale altrui, dal saldo
positivo su conti correnti sconosciuti.
Se passa l’autobus in orario, segnatelo,
è per culo, se la vicina quarantenne
muore troppo presto è chimica.
Arrivare in tempo al lavoro o non morire
hanno lo stesso numero di probabilità.
Restare vivi è culo, è matematica.
Questa poesia che dice del sud, dice anche di contraddizioni che vissute dall’interno non vengono percepite come contraddizioni:
XXIX
Non pensare che fosse indifferenza
la nostra piuttosto un modo di vivere
le cose così come si vivono:
tutte insieme, una per volta.
La sparatoria dietro l’angolo,
la partita di calcetto i compiti da fare,
poi uscire la sera il bar, la storia di tutti,
tutti tornavamo a casa per cena.
La quotidianità, la normalità si affermano comunque. Anche in condizioni estreme, anche in condizioni di emergenza. Quando l’estremo e l’emergenza diventano normalità producono questo tipo di quotidianità. Questa poesia può anche esser considerata come una risposta all’esasperazione retorica del fatto letterario così frequente in questi anni. Si tratta anche di un antidoto alle forme di estetizzazione manieristica. Questo lavoro restituisce alla poesia e alla sua composizione per strofe una funzione “organizzativa”: l’accorpamento versale trova il suo senso nel realizzare la qualità ragionativa del “mettere ordine”, di creare gerarchie logiche, di creare contrapposizioni, simmetrie e rotture di simmetria. La struttura poetica diventa un supporto al pensare, alla costruzione del pensiero sulla realtà
La rassegna Tu se sai dire dillo, ideata da Biagio Cepollaro e giunta alla quarta edizione, è dedicata alla memoria del poeta Giuliano Mesa, scomparso nel 2011.
A leggere le sue poesie, oltre a Biagio Cepollaro, vi sarà anche Andrea Inglese. Quest’anno i temi saranno: l’esperienza di Milanopoesia (1983-1992) raccontata da Eugenio Gazzola e da alcuni protagonisti come l’artista William Xerra, la poetessa Giulia Niccolai e dall’organizzatore Mario Giusti; il festival dei nostri anni Bologna In Lettere a cura di Enzo Campi ; l’Artventure parigina di Lucio Fontana ricostruita da Jacopo Galimberti, l’opera elettronica di Giovanni Cospito eseguita al Teatro Verdi, situato proprio di fronte allo Spazio Ostrakon.
E ancora avranno spazi dedicati: la figura unica diventata leggenda del poeta-operaio Luigi Di Ruscio tratteggiata da Christian Tito; la nascita del blog Perigeion e i poeti Massimiliano Damaggio, Antonio Devicienti, Nino Iacovella, Gianni Montieri , presentati da Francesco Tomada, e infine, la poesia di Nadia Agustoni, Giusi Drago, Francesco Forlani, Vincenzo Frungillo, Italo Testa e la prosa di Giorgio Mascitelli.
17 Settembre, Giovedì
ore 18.00
Biagio Cepollaro e Andrea Inglese leggono Giuliano Mesa
ore 18.30
L’artventure parigina di Lucio Fontana a cura di Jacopo Galimberti
ore 19.30
Le poesie di:
Nadia Agustoni
Giusi Drago
Francesco Forlani
Vincenzo Frungillo
Italo Testa
I racconti di :
Giorgio Mascitelli
ore 20.30
Intervallo
ore 21.00 Il pubblico è invitato a spostarsi al Teatro Verdi, di fronte allo Spazio Ostrakon
Opera elettronica di Giovanni Cospito su testi di Biagio Cepollaro
18 Settembre, Venerdì
ore 18.00
Gli anni di Milanopoesia
a cura di Eugenio Gazzola
Saranno presenti:William Xerra, Giulia Niccolai, Mario Giusti
ore 19.30
Intervallo
ore 20.00
Lettere dal mondo offeso: per Luigi Di Ruscio
a cura di Christian Tito
Letture dal romanzo epistolare
Proiezione video
Testimonianze
19 Settembre, Sabato
ore 18.00
Perigeion e i poeti
a cura di Francesco Tomada
Massimiliano Damaggio
Antonio Devicienti
Nino Iacovella
Gianni Montieri
Francesco Tomada
ore 19.30
Intervallo
ore 20.00
Il presente di Bologna in Lettere
a cura di Enzo Campi
“Agit-prop-poetry”, un intervento di Enzo Campi
“Sistemi d’Attrazione”, proiezione di un video montato con i materiali della terza edizione del Festival Bologna in Lettere
“Sì, si può”, recital multimediale con Alessandro Brusa, Martina Campi, Francesca Del Moro, Rita Galbucci, Enea Roversi, Jacopo Ninni, Mario Sboarina, Enzo Campi
L’immagine in copertina è di Biagio Cepollaro, Predella-Dittico, dipinto su due pannelli. Tecnica mista su mdf, cm 80 x 50 complessivi,2009.Coll privata, Milano