Biagio Cepollaro legge Giuliano Mesa: Nunc stans.

Nell’ambito della rassegna Tu se sai dire dillo 2014 che ha avuto luogo a Milano, presso la Galleria Ostrakon, tra il 18 e il 20 settembre 2014, Biagio Cepollaro ha letto questo poemetto,Nunc stans, che è compreso tra le ultime opere edite  del poeta prematuramente scomparso nel 2011, dal titolo Nun (2004-2007), raccolte in Giuliano Mesa ,Poesie 1973-2008, pubblicate da La Camera Verde di Roma nel 2010.

La registrazione dell’audio della rassegna da cui è tratto e rielaborato questo brano si deve a Francesco Di Paolo.

 

 TU SE SAI DIRE DILLO ,2014. Terza edizione

Lo Spazio Ostrakon ospita, tra il 18 e il 20 settembre 2014, la terza edizione della rassegna Tu se sai dire dillo, dedicata alla memoria del poeta Giuliano Mesa (1957-2011) e ideata da Biagio Cepollaro. Anche quest’anno l’attenzione è rivolta a poeti importanti e radicali del ‘900, ancora poco conosciuti, come Gianni Toti (1924-2007), tra l’altro pioniere della video poesia in Italia, di cui viene presentata per la prima volta, a cura di Daniele Poletti, l’intera opera in versi; Emilio Villa (1914-2003), precursore delle neoavanguardie,in nome del quale si sono svolte nel corso dell’anno molte iniziative promosse da Enzo Campi, a partire proprio dalla galleria Ostrakon, e Paola Febbraro (1956-2008), poetessa prematuramente scomparsa intorno alla cui opera parleranno Anna Maria Farabbi ,Viola Amarelli e Giusi Drago.

Ad arricchire il programma vi è la presentazione dell’ambizioso progetto Phonodia, curato da Alessandro Mistrorigo della Ca’ Foscari di Venezia, relativo ad un archivio di voci di poeti di tutto il mondo. Sulla questione della critica letteraria oggi, infine, verterà una conversazione tra Luigi Bosco e Lorenzo Mari, redattori del blog In realtà, la poesia, e Luciano Mazziotta.

La manifestazione pone a contatto diretto alcune radici novecentesche della ricerca in poesia e le riflessioni critiche dei più giovani che operano prevalentemente in rete.

 

18 SETTEMBRE, GIOVEDÍ

Biagio Cepollaro legge Giuliano Mesa

 

Buffet e aperitivo

 

Gianni Toti e la Casa Totiana

a cura di Daniele Poletti  e con la collaborazione della Casa Totiana

 

Invitati e interventi:

Daniele Poletti, Ermanno Moretti, Daniele Bellomi, Pia Abelli Toti, Dome Bulfaro, Giovanni Anceschi, Pier Luigi Ferro, Raffaele Perrotta, Giacomo Verde, Giacomo Cerrai

 

Pia Abelli Toti parlerà della Casa Totiana e di Gianni Toti.

Daniele Poletti e Ermanno Moretti presenteranno [dia•foria e il libro TOTILOGIA

 

E’ la prima antologia completa dell’opera poetica di Toti, corredata da interventi critici, creativi e da un inedito. Il libro è stato pubblicato, con il sostegno de La Casa Totiana, da [dia•foria, edizioni Cinquemarzo.

 

Giacomo Verde presenterà il video Fine Fine Millennio, che partecipò all’UTAPE del 1987, con Gianni Toti in giuria

 

Proiezione di 2/4, video di Gianni Toti

 

19 SETTEMBRE, VENERDÍ

 

La critica letteraria: In realtà, la poesia

Luigi Bosco e Lorenzo Mari dialogano con  Luciano Mazziotta.

 

Invitati:

Francesco Forlani, Vincenzo Frungillo, Andrea Inglese, Giorgio Mascitelli, Luigi Metropoli, Davide Racca, Italo Testa, Pino Tripodi

 

Buffet e aperitivo

 

ore 21.00

Progetto PHONODIA Ca’ Foscari di Venezia

a cura di Alessandro Mistrorigo

 

20 SETTEMBRE, SABATO

 

La poesia di Paola Febbraro

a cura di Giusi Drago

 

Intervengono:

Viola Amarelli e Anna Maria Farabbi

 

Buffet e aperitivo

 

ore 21.00

Un anno per Villa

a cura di Enzo Campi

 

“Il Clandestino”, video-intervento di Stelio Maria Martini su Emilio Villa

 

Saranno presenti alcuni degli autori che hanno collaborato alle imprese editoriali e performative del progetto Parabol(ich)e dell’ultimo giorno,  Dot.Com Press – Le Voci della Luna.

Il libro raccoglie, oltre ai testi villiani, contributi critici e operazioni verbovisive di:

 

Daniele Bellomi, Dome Bulfaro, Giovanni Campi, Biagio Cepollaro, Tiziana Cera Rosco, Andrea Cortellessa, Enrico De Lea, Gerardo de Stefano, Marco Ercolani, Flavio Ermini, Ivan Fassio, Rita R. Florit, Giovanna Frene, Gian Paolo Guerini, Gian Ruggero Manzoni, Francesco Marotta, Giorgio Moio, Silvia Molesini, Renata Morresi, Giulia Niccolai, Jacopo Ninni, Michele Ortore, Fabio Pedone,
Daniele Poletti, Davide Racca, Daniele Ventre, Lello Voce, Giuseppe Zuccarino, Enzo Campi

 

Due anni dopo e in attesa della seconda edizione di Tu se sai dire dillo.

 

Due anni  da quel 15 agosto.

Di corsa a Pozzuoli con lui disteso e già da ore immobile ed io a leggergli- eravamo stranamente soli, c’era solo Giusi  in quel momento nella casa- i Quattro Quaderni.

Ora la poesia  per lui:

                                                a  Giuliano Mesa

 

il corpo fa del tempo una veloce serie di immagini

l’amico che mescola il sorriso al bicchiere di vino

la sua tracotanza nel consumare la vita e il suo corpo

la cosa che resta del suo passaggio non solo l’opera

scritta ma la rivolta espressa con quel saltar fuori

dalle righe della storia fino a diventare una nuvola

 

2013

 

 

Conversazioni sulla poesia di Giuliano Mesa: Biagio Cepollaro e Teresa Marino.

 Ad un anno quasi dalla scomparsa di Giuliano Mesa, comincio a pubblicare un percorso in fieri sulla sua opera. Questo viaggio, sostanziato da dialoghi e commenti, è reso possibile anche dall’impulso di Teresa Marino che si sta avvicinando alla poesia di Giuliano Mesa attraverso queste mie riflessioni su di un poeta che considero l’amico e il compagno di strada di una vita. B.C

Lettera sul Nichilismo. Parte prima.

Teresa Marino: Iniziamo questo percorso su Giuliano Mesa, da dove vuoi partire Biagio?

B. C.: Partiamo dalla lettera che mi spedì il dieci settembre del duemila in cui scriveva: “hai ragione, il nulla che si paventa può invece dare nuovo sapore alle cose, il sapore dell’impermanenza non annichilire ma incoraggiare al realismo” e con queste parole   citava la mia lettera, poi lui che rispondeva:” sai poi che non sono mai stato un nichilista, che ho anzi sempre considerato il nichilismo una perversione occidentale da pancia piena e nessun gran pensatore è stato mai nichilista altrimenti per coerenza minima avrebbe dovuto tacere anziché scrivere tomi su tomi.

A inquietarmi positivamente c’è la ricerca di uno spazio tempo d’azione per non assistere al “naufragio” che non sia soltanto un placare la propria coscienza”.

L’aver sottolineato quindi questa sua estraneità al nichilismo serve per dare un senso e per contribuire a illuminare quel suo modo di fare, il suo stile, soprattutto dell’ultimo periodo che mentre sembrava sottolineare la negatività non era mai nichilista.

Quindi la visione del mondo poteva sottolineare gli aspetti negativi sia in maniera esplicita sia in maniera implicita attraverso la reticenza, il suo insistere con questa figura retorica della reticenza negli ultimi testi che rasentano il silenzio ma questo silenzio e questa negatività questa analisi, questa sottolineatura della negatività non sono mai stati nichilismo cioè non sono mai stati quella irresponsabile affermazione del nulla perché purtroppo il nulla si è rivelato essere piuttosto la mancanza da parte degli esseri umani di quel senso di pietà e di compassione ma anche vagamente di sentimenti umani che Giuliano ha sempre avvertito in maniera scandalosa.

Un percorso intorno alla sua poesia o dentro la sua poesia diventa anche un modo per illuminare la poesia degli anni Sessanta che lo aveva immediatamente preceduto nella sua formazione e la poesia degli anni Settanta e gli anni Ottanta … Mentre trova la sua strada, in qualche modo unica nella maniera in cui si è configurata…

Quindi è inevitabile la relazione con Spatola che fu appunto l’ editore del suo primo libro “Schedario” del 1978 e poi con Zanzotto per alcune vicinanze e differenze interessanti da sondare le une e le altre. Il percorso che cominciamo diventa un modo per vedere Giuliano intrecciato a tutte queste altre esperienze…

 

Lettera sul Nichilismo. Seconda parte

2012

Conversazioni sulla poesia di Giuliano Mesa. Biagio Cepollaro e Teresa Marino.

La Necessità ( a partire da Chissà)  2012

Biagio Cepollaro

La necessità a partire da Chissà di Giuliano Mesa

Cosi deve essere : è il richiamo alla Necessità. Ma questa necessità è propriamente anche il rifiuto di un’idea ottimistica della storia degli uomini e della vita. Soprattutto è il rifiuto da parte di Giuliano del finalismo della storia. Il finalismo era implicito sia nelle filosofie della storia di stampo idealistico sia in quelle di stampo materialistico-marxiste. Contro queste filosofie Giuliano si schierava: piuttosto lui credeva nel carattere assolutamente imprevedibile della storia e del futuro. Quindi non aveva nessuna fiducia e nessuno ottimismo nelle ‘sorti progressive’ neanche della classe operaia … Viceversa quello che emergeva era la ricognizione di questo male, che era un male radicale perché non sembrava esserci spazio di anno in anno nella storia per una sorte diversa …

A questo proposito ricordo i nostri scambi relativi alla guerra del golfo del 1991 che per noi fu il chiaro segnale che lungi dall’essere finita la storia, come fino ad allora si andava blaterando, la storia era sempre la stessa … Così come le guerre nella ex-Jugoslavia che costituivano ulteriore riprova di questa terribile verità … Negli anni della prima guerra del golfo  c’erano  ancora filosofi ,  il giorno prima dell’attacco che dichiaravano  che il moderno era finito – e non erano gli unici… Si era in molti a sostenerlo enfaticamente- , si sosteneva che le guerre ideologiche non era possibili, e che forse erano finite proprio le guerre … E poi amaramente il giorno dopo si dovette ammettere che ci si era sbagliati, che ci si era sbagliati in molti … Come Baudrillard e la sua realtà virtuale … La guerra virtuale… Contro quest’idiozia c’erano i centomila morti iracheni invisibili…

In Giuliano quest’accezione del male radicale era attigua al rifiuto del finalismo e dell’ottimismo nei confronti della storia… Ecco perché hanno intensità questi frammenti, così miseri, così minimali, così accidentali, come appunto le bacche, le foglie, le croste, il crostaceo …  Diventano allegorie di un mondo irrimediabilmente destinato  alla decomposizione….

2012



Luigi Metropoli e Biagio Cepollaro: vita e poesia per Giuliano Mesa

Luigi Metropoli

‘Essere stimati per qualcosa è già tanto. Bastano le opere. Poi io ho vissuto nel solo modo che mi era possibile. Non c’è merito in questo.’ Era Giuliano Mesa. Io leggo in questo ‘bastano le opere’ un destino. E anche una rimozione, una sorta di ‘biografia perduta’. E infatti alla ‘biografia perduta’, a questo titolo di Giuliano [ G. Mesa, postfazione a Marzio Pieri, Biografia della poesia, 1979, ora in www.cepollaro.it , n.d.c.]che penso e al rapporto che si può creare inevitabilmente tra la scrittura e la vita.

Biagio Cepollaro

Il rapporto tra opere e vita nel caso di Giuliano è un rapporto complicatissimo perché da un lato le opere dovrebbe giustificare la vita, un po’ come era nella cultura degli umanisti: vi era nell’opera una funzione eternizzante, anche se taciuta … La vita del corpo poteva anche deperire a fronte di questa salute ‘ultimativa’… Dall’altra parte però le opere mangiavano la vita, nel suo caso, le opere ‘scavavano dentro’. C’era un movimento in lui che andava contro tendenza, nel senso che la vita tende ad accrescersi e rafforzarsi nel proprio essere, invece c’era un impulso in lui per cui la tendenza era a diminuire, fino a sparire, fino a cancellarsi. Le opere vampirizzavano in un certo senso la vita. Laddove nella parte conclusiva della sua esperienza ha incontrato i nuclei centrali della civiltà occidentale, la tragedia greca, proprio lì, alla fine, la vita veniva meno, proprio nel momento in cui aveva raggiunto il nucleo pulsante dell’opera per antonomasia, quasi l’emblema della cultura umanistica ed occidentale. Proprio in quel momento la sua vita corporale era debilitata e si spegneva.

Luigi Metropoli

Restiamo sul rapporto tra biografia ed opera. Ma parliamo di questo rapporto non solo personale di Giuliano ma dello scrittore in generale e dell’intellettuale. Sempre in una mail Giuliano mi scrive che lui ‘ vuole rimarcare la necessità di non rimuovere le responsabilità degli scrittori e degli intellettuali e vuole ribadire che i rapporti perversi con il potere sono ancora gli stessi che vigevano durante il Fascismo in sostanza’ Quindi a me verrebbe di dire responsabilità degli scrittori nonostante l’abuso che c’è stato di questo termine di responsabilità, e connivenza con i poteri … Se c’è un rapporto tra la poesia e l’etica, qual è questo rapporto e come lo intendeva Giuliano?

Biagio Cepollaro

L’intellettuale di cui parlava Giuliano purtroppo era effettivamente l’esemplare della nostra storia del dotto: la storia del dotto italiano è quella del cortigiano, la situazione non è mai cambiata … durante il Fascismo la cosa si è fatta anche più pesante: si pensi a quanti professori universitari accettarono di restare dentro il Fascismo … Praticamente tutti meno dodici … C’è da parte dell’intellettuale italiano una sorta di subalternità intellettuale e psicologica ai poteri costituiti spesso ingiustificata. Non si può scrivere delle cose che ambiscono ad essere veritiere se non si è eticamente centrati, se non si è coerenti con se stessi, se non c’è coerenza tra ciò che si pensa, ciò che si fa e ciò che si dice. Tra il pensare, il fare e il dire dovrebbe esserci una perfetta continuità. Se non c’è qualcosa non va. Giuliano aveva sottolineato questo problema storico del dotto italiano. Il problema, però, affrontato oggi, e non riferito all’epoca fascista, è purtroppo completamente mutato, nel senso che la dissoluzione della funzione intellettuale non è più addebitabile ad un una moralità manchevole dei soggetti, ma è purtroppo oggettiva, è nelle cose. La dissoluzione della funzione intellettuale è nel tessuto economico e sociale delle società postmoderne. Non è più attribuibile alla mancanza di forza, di coraggio e di moralità di qualcuno ma è oggettivamente il diventare inutile della stessa funzione intellettuale. Il venir meno della funzione simbolica della cultura come noi l’abbiamo conosciuta dalla fine del Medioeva ad oggi è in fondo il venir meno dello Stato. La feudalizzazione in ambito economico ha generato un riflesso sul piano della rappresentazione culturale che è quella del Nuovo Feudalesimo. In questo Nuovo Feudalesimo la letteratura e l’intellettuale che esprimevano il mondo dello Stato Moderno, come funzioni sono diventate obsolete e inutili. Temo che oggi il problema dell’intellettuale sia un problema ben più grave di un problema di scelta soggettiva. Oggi anche se noi volessimo essere tutti coerenti non servirebbe praticamente (quasi) a nulla …

Luigi Metropoli

Dopo questa tua visione ‘apocalittica’ della poesia e del mondo potremmo chiudere anche qui, c’è poco spazio per le parole … Però proviamo a trovare una strada, come dicevi anche tu, se mai esiste … Proprio tu, Biagio, nei Versi Nuovi [Oedipus edizioni, 2004, n.d.c.], ad un certo punto, in una poesia dal titolo ‘Secondo incipit’, parli di Giuliano, lo nomini direttamente … ad un certo punto scrivi:

che troppo abbiam parlato/e scritto e troppo/abbiam presunto

dalle opere/e le opere che erano carta/alle prime piogge/si sono sciolte

per questo ora la poesia/vive solo di amicizia

Giuliano ribadisce questi tuoi versi nella sua postfazione a Versi Nuovi: ‘(…) Ancor più per chi li ha visti nascere, uno dopo l’altro, i Versi Nuovi, in un dialogo di amicizia e di vita, prima che di poesia. Prima di un dopo, certo. Dopo che nella poesia ci si era incontrati, conosciuti. E mentre, ancora, la poesia accomuna.’ A questo punto per chi si scrive, Biagio? E per chi avrebbe scritto Giuliano, oggi?

Biagio Cepollaro

Giuliano era convinto di poter rispondere alla domanda per chi si scrive perché dal suo libro ‘I loro scritti’ era esplicita in lui questa destinazione. Non scriveva per qualcuno, scriveva al posto di qualcuno, oppure tenendo presente qualcuno, non dimenticando qualcuno … ecco semmai era il peso della memoria di qualcuno assente la motivazione intera per la scrittura e bastevole. Anche se non c’era nessuna efficacia reale, pratica di questo … Per quanto svolgesse un’attività intellettuale attraverso riviste di critica dell’economia negli anni ‘90, Giuliano non aveva mai pensato che la sua poesia potesse incidere in questi processi reali del mondo, ovviamente … Però era strettamente legato a quest’idea di scrivere per qualcuno, in assenza di qualcuno, per non tollerare l’assenza di queste voci. In un certo senso la sua opera Tiresia è anche questo, è stata alla fine la risposta esplicita agli accadimenti a cui lui pensava quando scriveva una sorta di aggiornamento della tragedia.

Io scrivo per salvarmi la vita, una volta ho detto e credo di non aver esagerato: lo posso dire con tranquillità, mi è accaduto proprio questo di dover dare all’arte e alla poesia questo compito, di tenermi in vita … Mi è stato possibile attraverso queste forme di dare un senso al caos … Credo che la vita debba piacere per se stessa per essere vissuta, non occorrono delle motivazioni ulteriori … La vita basta a se stessa. L’arte secondo me è il gaudio di questa vita che basta a se stessa, è il suo godimento, è il suo canto. Per questo non mi sono mai posto il problema del per chi scrivo perché non mi sono mai posto il problema della destinazione per qualcosa che ritengo inevitabile. Non è neanche per me, è il mio modo di stare al mondo, in sostanza. Si potrebbe dire così. Anche se questo mondo dovesse diventare questa nuova feudalità finanziaria che si presenta apocalitticamente alle porte …

2012

Biagio Cepollaro, Lettura e commento di Chissà (1999) di Giuliano Mesa.

Parte prima.

Trascrizione di Teresa Marino.

Parte1

ne andranno gocce, anche, lungo i muri,

screpolati, stinti, così come dev’essere.

muffe su macchie, ruggini su steli di ferro,

pistilli, foglie color pastello vere e cancerose.

così come dev’essere. dita rugose sopra,

dita impoltigliate e fatte lisce,

anche già pronte all’uso, a soffregare,

a sdilinquire, in tutta fretta a chiudere,

morse, tagliole, facendo tacche, anche,

per memoria. ne andranno gocce,

giù lungo qualcosa, e su può darsi,

e forse chissà dove, se càpita che soffi il vento.

Una caratteristica importante del lavoro di Giuliano è questo far giocare per assonanza le parole ma non lasciare mai queste parole libere di proliferare.

La prima volta che succede questo in questa poesia è in questo terzo verso della prima parte quando passa da muffe a macchie, muffe su macchie e poi un’altra volta quando dice pistilli e pastello, e però poi c’è una sorta di precisazione imprevista quando dice vere e cancerose ecco questo cancerose è molto pesante, serve per creare un’equivalenza tra cancerose e vere.

 ne andranno gocce, anche, lungo i muri,

screpolati, stinti, così come dev’essere.

Qui c’è proprio l’onomatopea del muro, screpolato e stinto, la rovina e c’è questo senso del dover essere che va al di la del senso di necessità, della volontà delle persone.

Questo mondo minerale è fatto di muffe e di macchie, di ruggini e di ferro, pistilli e pastello. Il pistillo è dei fiori, il pastello è un colore, il pistillo e le foglie color pastello, le foglie sono pastellate quindi non sono naturali : sono come dipinte e poi lui dice: vere queste foglie color pastello nonostante siano pastellate e cancerose cioè abbiano un’insidia interna una malattia radicale, interna.

Quindi di solito il color pastello, il pastellato viene associato al delicato, anche all’edulcorato mentre invece il canceroso è un violentissimo richiamo alla realtà di decomposizione  esattamente come i muri screpolati e stinti dell’inizio.

Da qui si passa al tema delle dita: dita rugose sopra,dita impoltigliate e fatte lisce

2012

Biagio Cepollaro, Lettura e commento di Chissà (1999) di Giuliano Mesa.

Parte seconda.

Trascrizione di Teresa Marino.

capiscono che cosa, le bacche, le galle,

copiate su di un trespolo, che fa recinto,

crepitando, crosta cocciuta che si forma,

che fa bagliore, bruca l’ossigeno.

sarà come dev’essere, umida o secca,

secondo che sia giorno, caldo,

o la notte piovosa, fino all’alba.

anche la siccità, il monsone.

così come dev’essere,

il posto dove si posa, quella stanca,

guancia, la nuca, tempia,

crinale tra la pelle che residua,

crosta, così come sarà.

Insiste il gioco delle assonanze, dei significanti, però non vengono mai lasciati liberi, nel senso che sono sempre  subordinati al significato, alla semantica, il gioco dei significanti.

Si parla di bacche ma soprattutto del crepitare onomatopeico di crosta congiunta, il bagliore bruca, mentre insiste con il sarà come deve essere, una sorta di resa come se tutto questo servisse a definire il proprio destino e gli elementi naturali hanno questa necessità del proprio destino come la siccità, il vento, la notte piovosa oppure il caldo.

Qui è ancora più forte il gioco delle assonanze, come mimando il movimento della risacca l’andare e il venire dell’onda ma ciò che viene mostrato è in decomposizione: il cane morto, il crostaceo, il passaggio tra sole e sale come da mosche a muco, elementi in decomposizione. Ma tutto è come deve essere, nell’ordine, ogni volta che il movimento dell’acqua riproduce la risacca e sembra che abbia una necessità naturale quest’alba che è risacca sacca vento tutti elementi naturali e il dove.

Gioco delle assonanze, soffia e sbuffa, bava e nube sbavano nonnulla e poi  ancora c’è mistero e misero detrito, misero detrito sembra partorito da mistero, in fondo il mistero è un misero detrito e questo misero detrito sembra un cadavere, una poltiglia di neuroni con tracce di collirio, di bistro che serve per truccare ma anche di bisturi sul collo, quello che serve per truccare L’immagine è associata all’operazione chirurgica o ad un’operazione sadica, non si capisce qui, finisce qui battendo il tempo.

2012

Il gioco del significante ( a partire dalla lettura di Chissà, parte terza)

Che il gioco del significante sia subordinato al significato è una presa di posizione implicita nei confronti delle avanguardie degli anni 70 che continuavano le ricerche degli anni 60 (dai novissimi e al gruppo 63).

La decisione di conservare la finalità del significato era una decisione di tipo etico.

Si sceglie di non giocare con le parole, perché è il dolore umano ciò di cui si sta parlando quindi il significante viene sguinzagliato ma solo per scoprire delle nuove dimensioni dell’esperienza, dimensioni che per l’appunto sono inconsce, non sono consapevoli.

Le poesie che venivano fatte ignorando questa libertà del significante spesso insistevano sul messaggio, il che vuol dire che erano spesso ideologiche, dichiaravano qualcosa che già si sapeva, applicavano una tesi alla poesia, invece le poesie che si costruivano a partire dalla libertà del significante rischiavano anche l’insensatezza, rischiavano anche una verità che non era ancora posseduta, una tesi che non era formulata e che era difficilmente formulabile.

Là difficoltà era tenersi sul filo e andare al centro tra questa libertà del significante da una parte e dall’altra parte la precisione di una tesi: quindi non lasciare andare il significante e non chiudersi in un messaggio.

Il risultato è questa scrittura sotto controllo e nello stesso tempo totalmente abbandonata al suono.

Biagio Cepollaro, Lettura e commento di Chissà (1999) di Giuliano Mesa.

Parte quarta.

Trascrizione di Teresa Marino.

4.

lontana luce. schiuma, una bava di nube,

come ogni altra, ovunque.

voci che sbavano nonnulla,

con bel fragore, bella presenza degli spiriti.

come ogni altra, sempre.

vento anche oggi, che soffia e sbuffa.

la mano che trattiene la coperta,

un panno lenci, lercio, un nylon,

non ha motivo di esitare.

solleva, andandosene via,

come ogni altra volta.

sotto non c’è mistero,

non c’è che il misero detrito,

come sempre, di una poltiglia di neuroni,

con anche delle tracce di collirio,

di bistro, di bisturi sul collo.

finisce qui, sempre così,

battendo bene il tempo

Tutta questa parte ruota intorno al sotto non c’è mistero non c’è che il misero detrito potrebbe essere la chiave di lettura per tutta la poesia di Giuliano, il quale afferma la non misteriosità delle cose, pur costruendole, invece, come misteriose perché non esplicita mai l’oggetto, le circostanza in cui l’oggetto si dà e scaturisce…

Resta in qualche modo misterioso ma non c’è mistero perché la verità è presto detta: è appunto la decomposizione, il detrito , il più misero e questo detrito qui si riferisce ad un probabile ritrovamento di cadavere nel senso che quello che viene detto si riferisce ad un cervello, a dei neuroni e però un cervello in decomposizione, comunque scomposto, una poltiglia di neuroni, viene in mente l’immagine di una testa schiacciata…

Però questa testa era anche truccata perché c’è il collirio, c’è il bistro, c’è la cura, c’è l’intervento del bisturi sul collo che può essere sia curativo che l’inizio di una morte tanto più che si dice  finisce qui.

Giuliano parte da una bava di nube per creare il passaggio alle voci che sbavano e che sono nulla, le parole sono nulla , le voci sono nulla e l’ironia è quella della bella presenza degli spiriti, una bella presenza che non è bella per nulla perché è presente alla bava di nube , è presente a nonnulla, è presente a una luce che è solo lontana.

L’unica cosa che si muove, l’unica cosa viva è un vento che soffia e sbuffa che quasi non ce la fa, non ce la fa più a tollerare tutto ciò.

Sotto non c’è mistero, non c’è che il misero detrito, e questo misero detrito ha a che fare con il neurone cioè ha a che fare con il pensiero:  non è solo la realtà che è decomposta, è anche il pensiero, il pensare a questa storia che è diventato impossibile e finito. Voci che sbavano nonnulla con bel fragore, molto rumore molta apparenza di spirito laddove spirito non c’é, perché l’unica realtà è questo misero detrito è questa mancanza di reale mistero.

2012

Biagio Cepollaro

Lettura e commento di Chissà (1999)di Giuliano Mesa.

Parte quinta.

Trascrizione di  Teresa Marino

5.

andrà a finire. e se non ora,

o quando, sarà come se fosse,

dentro un pensiero, trito,

che si sgranocchia la sua noce.

l’improvviso schiarirsi,

o lo snodarsi, o altro che già c’è.

finirà che se ne andranno tutti,

i giunchi sferzati dalla bora,

le folaghe smarrite, i rantoli,

quelli dei ratti che fanno tana tra i rottami,

sgranocchiano croccanti cartilagini.

andrà a finire anche così,

o anche chissà come,

anche come se fosse chissà che

Questa decomposizione che è stata annunciata sin dall’inizio, sin dalla prima parte con questi muri screpolati e stinti con queste muffe, macchie, ruggini, queste dita impoltigliate, queste gocce

Ecco continua questa decomposizione a spingere,  a muovere la domanda su dove andrà a finire e quando andrà a finire.

Di sicuro in una forma di pensiero che ormai si è consumato in se stesso, è diventato trito, inutilmente ripetitivo e che può solo per onomatopea sgranocchiare il suo tarlo così come i topi sgranocchiano le cartilagini cioè è un pensiero che si insinua quasi a partire dalle fogne del cervello, dello spirito.

Questo pensiero non può che ossessivamente sgranocchiare senza propriamente metabolizzare nulla, senza dunque, fare più esperienza di nulla.

Ecco perché ci sarà il deserto,se ne andranno tutti, ci sarà un vento molto forte, ci saranno rantoli e non voci e ci sarà una regressione all’animale inferiore, inferiore perchè eticamente giudicato così e ci sarà la città dei rottami, la città decomposta adeguata solo a questo pensiero inferiore, a questo pensiero animalesco.

E lì pensare sarà sgranocchiare croccanti cartilagini, pensare sarà girare intorno a ciò che resta, al misero detrito.

Anche se poi non si sa, in realtà, come andrà a finire e neanche dove, e non si sa neanche se poi ne vale la pena di preoccuparsene , sei quello che viene perduto sia poi abbastanza importante per soffrirne…

Di certo andrà a finire, non si sa come, non si sa quando, ma si sa che il pensare è già un pensare trito, un pensare ossesso e consumato che non crea più nulla. E questo viene dato quasi con un calembour, un gioco di parole che gioca sulla ripetizione, sulla combinazione di singole, semplici parole come quando dice e ricompone in posizione diversa o anche chissà come, anche come se fosse chissà che, questo è quasi un chiasmo e c’è ironia in questa chiusa…

2012