Biagio Cepollaro
Viola Amarelli
Proposta di lettura
(2016)
Pater
Questo vecchio che sta per morire
dietro il vetro del tubo catodico
grigio cenere nel blu del tracciato
lontanato il pensiero e il dolore
è stato suo padre, stupito e a disagio.
Può durare a lungo, avverte il dottore
di turno, non credo – ribatte la figlia,
probabile l’unica che l’abbia mai amato –
ha sempre cercato di non dare fastidio.
E ancora, da Le nudecrude cose e altre faccende, L’arcolaio, 2011:
campagna d’inverno
La luce di gennaio che ora è febbraio filtra le foglie
dei sempreverdi
i tronchi con i rami pazienti di vento
questa immane stanchezza di
nuvole in corsa, riepilogo di temporali,
spossa il midollo e la pelle a toccarla si secca
restano, eroi, i cani randagi e le code di uccelli
ci vorrebbe un riposo incessante
un letargo che plachi la crosta e protegga le ossa,
il latte che è inacidito l’hanno
buttato nel pozzo, gli sciocchi.
Sono sempre versi tratti da L’ambasciatrice a dirci quale è l’idea della lingua poetica che ha Viola Amarelli nella poesia intitolata Recherche:
Io ho questa lingua, ereditata. La torco, la smonto la brucio. Rimbalza,
reingoia, la lingua già amara. La spezzo, si spezza, paterna, conata. il
mondo è parole, a cambiarle, il mondo si cambia. Una rosa è una rosa è
una rosa. roseggia. L’ortica orticheggia. e risana.
Questa mi sembra sia l’idea che della poesia ha Viola Amarelli. E’ l’idea di una conoscenza che nasce da un “corto circuito”, come altrove dice, ma che è soprattutto la consapevolezza dell’immagine che noi abbiamo delle cose e del mondo. E l’esperienza così come si configura dipende dal modo con cui mettiamo insieme le parole. La trasformazione della relazione tra noi e il mondo passa attraverso la possibilità di trasformare le parole che quel mondo narrano. La trasformazione prima che pratica è cognitiva. Anzi la trasformazione cognitiva è già pratica alternativa del mondo.
La libertà che si sente, talvolta ilare, nel suo modo di montare i versi per associazione fonica o per continuità dell’immagine, è la libertà di stare nelle cose senza stare al loro gioco ma al contrario ridefinendo le regole del gioco. E’ così che si possono mettere in luce degli aspetti della realtà che con questo modo di fare è possibile mettere in luce mentre non lo è nella seriosità ordinaria. Valga come esempio la poesia “Pater” che ho letto. E’ una poesia drammatica che tratta del tema dell’agonia facendo un omaggio sofferto alla discrezione del morente sullo sfondo di dettagli precisi, dell’ospedale, dei tracciati, del loro colore, delle macchine indifferenti. Si scontrano la neutralità distante del medico e la relazione di affetto che viene conservata nonostante tutto. C’è anche un registro critico che risulta irridente puntando all’epigramma se non all’invettiva. Ciò accade ad esempio, sempre ne L’ambasciatrice, nel caso della tautologica autoreferenzialità dell’ambiente letterario:
io scrivo te
io scrivo te che prefazi me che pubblico il tuo amico che plaude i miei
interventi critici che insieme organizziamo algidi evenenziali ostensioni
di tosti testi nostri diffondendo asemantiche endovene, sintassi
scarrupate, lacerti necrofori. Amen
Qui c’è la denuncia del degrado di un’arte che viene ridotta a gioco di società e di simulacro, di potere fantasmato più che reale.
[…] [ Auto-antologie prosegue con Viola Amarelli e il suo percorso poetico. Appartengono alla stessa rubrica gli spazi dedicati a Francesco Tomada , a Vincenzo Frungillo e a Francesco Filìa . Sul lavoro di Viola Amarelli è possibile leggere un mio intervento qui. […]