Biagio Cepollaro
Appunti su blog e Facebook n.1

Il blog è ancora tutto sommato una rivista. Poteva essere una rivista collettiva o individuale. I commenti sono stati un’esperienza controversa: c’erano magari dei post lungamente pensati a cui si rispondeva con un commento umorale … E questo provocava la deriva dei commenti. Era anche questa interattività la differenza tra i blog e le riviste di carta. Ai tempi della rivista cartacea c’era tutto il tempo per pensare un’eventuale obiezione, passavano mesi… C’erano spesso documentazione e riflessioni adeguate al testo con cui si polemizzava. Invece nei blog il commento umorale non richiede necessariamente questa preparazione e il discorso cade nel nulla.
Facebook invece è stata una rivoluzione sostanziale perché ciò che è decisiva non è la consistenza di ciò che viene detto ma la forma con cui viene detto. E’ l’a priori della comunicazione, detta le possibilità di ciò che può essere detto e di ciò che non può essere detto e a cui è anche difficile alludere. Ciò che non può essere detto è ciò che implica molto silenzio, molto vuoto, molto tempo dedicato all’analisi. Mentre l’imperativo di questo a priori è l’assoluta fluidità, continuità, l’assoluta indifferenza per il valore dei vari frammenti che si vanno a comporre: alla fine è il macrotesto che conta non il testo. Il macrotesto è Facebook e i singoli post sono i singoli testi costitutivamente frammentari, bisognosi del flusso dell’insieme.
Facebook è un macrotesto tendenzialmente planetario in cui ciò che viene detto per lo più è umorale, almeno sul piano quantitativo: ciò è facilmente rilevabile. Ciò che viene detto spesso è legato alla storia dell’individuo o del gruppo (come in una cultura orale divisa per clan) che spesso ha le caratteristiche dell’individuo.
Facebook in qualche modo contribuisce a cancellare quell’imperativo universalistico che aveva introdotto la Rivoluzione francese. Questo macrotesto tendenzialmente planetario è il segno, l’allegoria concreta della cancellazione di uno spazio pubblico universale: in quanto a priori produce esso stesso l’evento della comunicazione dandogli la forma strutturale. Come qualsiasi medium, infatti.
Lo spazio pubblico non è più una vuota universalità ma una piazza stracolma di realtà frammentarie e fantasmate. Dalla democrazia formale alla democrazia fantasmata. E’ cambiata, questo ci dice la piattaforma, la forma appunto della cultura, incarnazione tecnologica e superamento della previsione postmoderna di Lyotard… Tutto ciò può apparire post-cultura.
Anche la democrazia fantasmata non è da rifiutare come quella formale: si tratta solo di restare consapevoli dei limiti.
Intanto e contemporaneamente poche ed elementari narrazioni più tradizionali continuano ad essere direttamente performative: la teologia neoliberista, ad esempio, non ha bisogno di consenso ma solo di rapporti di forza tanto brutali quanto favorevoli.
(2015)